Un messaggio a chi soffre per il bullismo.

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    Principe (tigrotto) dei gentili mondi.

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    Quelli che ne capiscono
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    Italy-L'isola che non c'è.

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    Ciao cari,
    ecco la testimonianza di un uomo, ormai grande e sereno, che ha sofferto durante l' infanzia e l' adolescenza per il bullismo omofobico.

    CITAZIONE
    Poco dopo aver compiuto otto anni, e finita la terza elementare, i miei genitori ricevettero una notizia che avrebbe sconvolto in modo irreversibile le nostre vite. Dicemmo addio alla casa di mia nonna, dove dormivamo persino in cinque in una stanza, per trasferirci in un alloggio pubblico. Una casa a due piani tutta per noi.


    Fino a quel momento la mia vita era stata semplice e felice. Ma, in un batter d'occhio, le quattro mura della mia scuola elementare diventarono, di fatto, il mio inferno quotidiano. Ero solo un ragazzino mingherlino con degli occhiali molto spessi, ma questo bastò a farmi diventare l'oggetto di vessazioni e aggressioni continue da parte degli altri compagni di classe.

    Mi martoriavano in continuazione, forse perché ero gracilino, o perché ero un po' un ragazzino "so tutto io"; a dirla tutta non so il perché di tale atteggiamento. L'unica cosa che so con certezza è che dall'età di otto anni ho iniziato a vivere con un epiteto che fino a quel momento non avevo neanche mai sentito: checca. Venivo insultato di continuo, spintonato e persino sputato addosso. Quando tornavo a casa la prima cosa che facevo era correre in camera mia per trovare rifugio nella mia stanza, impedendo così ai miei genitori di sentirmi piangere.

    Per i successivi sei anni, quegli stessi compagni di classe hanno continuato a vessarmi come facevano alle elementari. E non aveva importanza se eravamo stati in classe insieme, perché la scuola era un istituto omni comprensivo e quindi si era di fatto tutti insieme. Di solito il suono della campanella rappresentava il segnale di liberazione per tutti gli studenti, ma non per me. Per me significava l'inizio della mezz'ora di tormento quotidiano.

    Un pomeriggio, mentre stavo tornando a casa da scuola ed era già buio, alcuni ragazzi mi aspettarono fuori scuola. Avevano i visi coperti dalle felpe. Era un vero e proprio agguato. La cosa che ho pensato è che sarei morto lì, che era finita. E che non solo non avrei mai dimenticato il dolore fisico per l'aggressione,nel caso in cui fossi sopravvissuto, ma che soprattutto non avrei mai superato l'imbarazzo per essere stato incapace a difendermi.

    Non so come riuscii a scappare (onestamente non ricordo bene come andarono i fatti), forse ci riuscii solo perché alla fine quei bulli si stancarono di prendermi a calci e pugni. Per fortuna i segni di quell'aggressione brutale non furono così evidenti come pensavo, tanto che fui capace di nascondere l'accaduto e il mio dolore ai miei genitori.

    Già a quell'età, tra gli otto ed i nove anni, sapevo che provavo qualcosa di diverso per i ragazzi, piuttosto che per le ragazze, e che ero differente dalla maggior parte dei miei amici. Ma ovviamente non sapevo come tale "cosa" si chiamasse o persino cosa significasse. L'unica cosa certa è che quei bulli usavano quella parola contro di me, mi asfissiavano continuamente urlandomi: frocio, checca..etc.

    Senza dubbio quelli sono stati i giorni peggiori della mia vita. Un periodo in cui mi sono arreso a vivere tali offese ed attacchi in silenzio, facendo sì che i miei genitori non sapessero niente. Altri ragazzi soffrivano come me. Ma nessuno di noi si confidava mai, perché non volevamo vedere la nostra faccia riflessa nel viso di qualcun altro.

    Questo lungo episodio che vi ho raccontato è avvenuto negli anni '80. Da quel periodo la Spagna ha fatto un lungo e proficuo percorso sul tema dei diritti delle minoranze, ma purtroppo la triste realtà mi ricorda quanto io ho sofferto, così come ancora oggi tante ragazze e ragazzi soffrono ancora per le stesse cose.
    Questo è il mio contributo, il modo di supportare, coloro che giorno dopo giorno soffrono i tormenti che io ho vissuto per sei lunghissimi anni e che oggi, per fortuna, hanno la possibilità di frequentare corsi e programmi specifici per il supporto a tali problematiche. Ma, purtroppo, il bullismo continua ad essere davvero troppo frequente tra i giovani. E ciò richiede l'intervento deciso di ognuno di noi nella società così come dei governi e delle istituzioni, al fine di evitare che le vittime di queste violenze possano commettere gesti davvero irreparabili.

    La testimonianza integrale sull' HUFFINGTON POST

    http://www.huffingtonpost.it/octavio-carab...=italia-diritti

    Buon pomeriggio

    Vale la Tigra
     
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  2. S@sy
     
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    " Ma nessuno di noi si confidava mai, perché non volevamo vedere la nostra faccia riflessa nel viso di qualcun altro".
    Credo che questa sia la frase più forte di tutto l'intervento, quella che mi ha colpita di più. Riesce a esprimere solitudine, dolore, persino una punta di disprezzo per se stesso. Grazie per la condivisione, Vale.
     
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1 replies since 12/4/2013, 14:02   40 views
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